PALTRINIERI: La Misura Del Tempo All’Archiginnasio Di Bologna

Solo orologi da campanile e da torre.
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PALTRINIERI: La Misura Del Tempo All’Archiginnasio Di Bologna

Messaggio da ars57 » dom mag 03, 2020 6:58 pm

Si ringrazia la Direzione dell'Archiginnasio di Bologna per l'autorizzazione alla pubblicazione

LA MISURA DEL TEMPO ALL’ARCHIGINNASIO DI BOLOGNA
Giovanni Paltrinieri
2019
www.lineameridiana.com


Il Palazzo dell’Archiginnasio sorge per volontà di Papa Pio IV (1560-1565) che intende dotare lo Studio bolognese di un’unica centralissima e stabile sede, essendo in precedenza frazionato in numerosi luoghi in città. Gli esecutori della volontà papale sono il nipote del pontefice, il card. Carlo Borromeo (1538-1584) che dal 1560 al ’66 ricopre la carica di Legato a Bologna, e il vescovo di Narni Pier Donato Cesi (1522-1586) Vicelegato dal 1560 al ’63.
L’opera disegnata nel 1561 da Antonio Morandi detto il Terribilia, inizia tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo del 1562, portata a termine assai rapidamente: il nuovo edificio viene inaugurato il 21 ottobre 1563.
Al suo interno sono migliaia gli antichi stemmi murali di studenti provenienti da tutto il mondo che in passato vennero qui a studiare. Questo eccezionale contenitore di cultura conserva anche numerose memorie relative alla Misura del Tempo che andiamo ora a descrivere.
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Fig. 1 - Il cortile dell’Archiginnasio con l’Orologio al centro della torretta.
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Il palazzo dell’Archiginnasio di Bologna, con ingresso sotto il portico del Pavaglione, a lato della Basilica di San Petronio, è ricco di storia e di cultura: già sede universitaria, è ora “Biblioteca Comunale”. Al suo interno si possono riscontrare diverse occasioni collegabili alla Misura del Tempo. Già sulla cornice del portale d’ingresso, tra le decorazioni e i fregi in altorilievo, troviamo scolpita una bella Sabbiera: un simbolo che sempre ci ricorda che il Tempo è fugace.
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Fig. 2 – La Sabbiera, scolpita sulla cornice del portale d’ingresso dell’Archiginnasio
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GREGORIO XIII – RIFORMATORE DEL CALENDARIO
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Uno degli strumenti fondamentali che sono alla base della Misura del Tempo, è il Calendario: una ordinata progressione di giorni, in cui ciascuno ha una sua precisa collocazione.
La Città di Bologna, è doveroso ricordarlo, diede i natali ad Ugo Boncompagni, ovvero Gregorio XIII, il Papa della Riforma del Calendario che da questi prese il nome.
Il “Calendario Gregoriano”, inizialmente assunto dai soli Paesi cattolici, oggigiorno è adottato in tutto il mondo, sia autonomamente, sia in coppia con Calendari appartenenti a religioni o culture diverse.
L’Archiginnasio serba memoria di questa importante operazione storica voluta da Papa Gregorio, in un dipinto in affresco sito nell’Aula I degli Artisti (o Aula Magna).
Al centro il drago quale stemma della sua famiglia (anticamente Dragoni), sormontato dalle chiavi, dal triregno, e da una testa d’ariete vista di fronte: è un esplicito richiamo alla Riforma da lui compiuta, grazie alla quale l’Equinozio di Primavera tornò a coincidere con l’inizio del segno dell’Ariete. Per far ciò nel 1582 vennero cancellati 10 giorni, e si stabilirono nuove regole affinché l’errore non tornasse a manifestarsi in futuro.
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Fig. 3 – Affresco di fine Cinquecento recante lo stemma di Gregorio XIII.
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Una ulteriore testimonianza di quella meritoria impresa operata da quel Papa bolognese, la ritroviamo di nuovo all’Archiginnasio in forma di lapide commemorativa dipinta in affresco, coeva alla precedente, sul muro di Sud del quadrilatero del primo piano della Biblioteca, assai prossima alle porte della Direzione e della Segreteria.
L’iscrizione latina, logora per l’antichità in quanto risalente ad appena due mesi dopo la Riforma, ha subito nel tempo numerosi restauri. Su tale epigrafe la Dott.ssa Sandra Saccone ha pubblicato una ricerca che si conclude con la seguente traduzione italiana del testo (1).

A GREGORIO XIII PONTEFICE MASSIMO BOLOGNESE,
FELICISSIMO RESTAURATORE DEL CALENDARIO.
Tu santo vecchio, che fai giungere a tutto il mondo i tempi che raddrizzano i troppo attardati giri del Sole (= dell’anno) vale a dire, affinché l’anno non perda più terreno (=ritorni non più richiamabile indietro) e le festività consacrate mantengano (fermo) il proprio giorno, certamente tu, come promotore, fai (= compi, causi) un’opera gradita ai Celesti e utilissima a noi, immortale per te.
Per il propizio impulso dei Magnifici Signori il Signor Giovan Battista De [....] di Parma e il Signor Vito Antonio Orazio de Curtis da Morrone [o Morcone], dell’Università dei Filosofi e Medici priori molto benemeriti.
Addì 30 del mese di dicembre nell’Anno del Signore 1582.

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Fig. 4 – Lapide commemorativa dedicata a Gregorio XIII nel quadrilatero del primo piano.
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CRONOGRAMMA

Dal punto di vista linguistico un “Cronogramma” è una frase, un verso, in cui alcune lettere, corrispondenti a numeri romani (di dimensioni maggiori rispetto all’intero contesto), indicano la data dell’evento cui il verso o la frase si riferisce. Ricordiamo l’equivalenza tra lettere e numeri romani nella loro classica espressione:

I = 1; V = 5; X = 10; L = 50; C = 100; D = 500; M = 1000

Celebre è il cronogramma relativo ai Vespri Siciliani in cui i numeri romani, addizionati, danno 1282,

FranCorVM tVrbIs sICULVs fert fVnera Vesper
(Il Vespro Siciliano, porta il funerale alle schiere dei Francesi)
***

Altrettanto significativo cronogramma è quello che portava la campana dell’Orologio Meccanico del Palazzo reale di Parigi - poi Palazzo di Giustizia - datato 1371, di cui qui riportiamo l’immagine della mostra ricavata da una incisione ottocentesca.
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Fig. 5 – L’Orologio Meccanico del Palazzo Reale di Parigi.
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Purtroppo la campana è andata perduta, ma se non altro ci è pervenuto quell’antico testo:

CharLes roi VoLt en Ce CloCher
Cette noble CLoChe aCroCher
faIte povr sonner ChaCVne heVre
la date esdits trois vers d’assevr
par jarn oovvence fvt montee
qui de cet art est renomme.

(Re Carlo volle inserire questa nobile campana nel presente campanile, fatta per suonare ad ogni ora. La data è inserita nei primi tre versi. Essa fu eseguita da Giovanni Jouvence che in quest’arte è famoso).

Leggendo il testo secondo la logica del cronogramma, sommando i valori delle lettere più alte, risulta:

11 volte la C= 100 = 1100
5 volte la L= 50 = 250
4 volte V = 5 = 20
1 volta la I =1 = 1
TOTALE = 1371 Che è la data celata nel cronogramma.

***

La fortuita occasione di scoprire un Cronogramma presente sui muri dell’Archiginnasio è capitata all’autore di queste righe: esso si trova al piano superiore, lungo il corridoio detto “Ambulacro degli Artisti”, pochi metri prima di accedere alla sala dello “Stabat Mater” (Così chiamata in memoria della prima esecuzione, tenutavi il 18 marzo 1842, dello Stabat Mater di Gioachino Rossini, sotto la direzione di Gaetano Donizetti). Il muro di sinistra ospita una pregevole immagine della Madonna racchiusa entro raggi dorati e putti. Alla sua base è una iscrizione così composta:

Vt sub praesidio favstos Pia Virgo scholares
Bononiae foveas ad sva vota div
Sic Petrus Erdeodi Comes de gente Croata
Et Legista Prior dedicat hanc statuam
anno
qVo CLeMens X seDIt pIe gVbernans

Tale testo, con la corrispondente traduzione italiana, è riportato nel volume di G. FORNI – G. B. PIGHI, Le iscrizioni dell’Archiginnasio. Bologna, Zanichelli Editr., 1962, pgg. 246-247, Iscrizione N. 127. La traduzione che vi compare sul libro è la seguente:

Perché con la Tua intercessione, o Pia Vergine, Tu benedica e aiuti gli scolari di Bologna fino al compimento dei loro voti, sempre, Pietro conte di Erdeodi,della Nazione Croata e Priore dei Legisti, dedica questa statua, l’anno in cui Clemente X sale al soglio sacro (1670).
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Fig. 6 – La Madonna degli Scolari dell’Archiginnasio.
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Fig. 6 A – Particolare con il cronogramma
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L’iscrizione si riferisce alla esecuzione della statua della Madonna, avvenuta sotto il pontificato di Papa Clemente X (Emilio Bonaventura Altieri, 1590-1676, Papa dal 1670). Gli studiosi G. Forni e G.B. Pighi hanno trascritto il testo eseguendone la pura traduzione, non rendendosi conto che al suo interno si celava la data di costruzione della statua. Nelle prime quattro righe, le lettere più alte rappresentano delle normali iniziali, nome di persona, titolo. Sulla quinta riga è scritto “ANNO”, ed è appunto nell’ultima che si cela il cronogramma riferito all’anno di esecuzione dell’opera: il 1672. I due studiosi bolognesi hanno invece interpretato il testo dell’ultima riga quale l’anno di elezione di Papa Clemente X, che è il 1670, mentre invece si intende “un anno” del suo pontificato, la cui specifica “1672”, è celata nel cronogramma.
***

I PRIMI DUE OROLOGI MECCANICI

In antico i tempi delle ore di lezione dello Studio che si svolgevano all’Archiginnasio erano cadenzati in due diversi modi, entrambi comunque annunciati col suono di una campana.
L’annuncio primario veniva impartito dalla campana mezzana della Basilica di San Petronio detta la “Scolara” o “Squilla”, in diverse occasioni: si suonava ogni giorno in cui vi erano lezioni allo Studio Pubblico, quando si tenevano pubbliche conclusioni nelle Scuole, quando si celebravano straordinarie funzioni. Il suono durava un’ora il mattino, e un’altra ora dopo il Mezzodì. Vi era inoltre una campanella posta in un angolo del cortile quasi alla conclusione del primo piano, la quale era certamente adibita a battere intervalli scolastici intermedi (a seguire, ad essa è dedicato un apposito paragrafo).

Per l’indicazione oraria all’interno del primitivo Studio, poi diventato sede delle Scuole Pie, ci si avvaleva all’Archiginnasio di un Orologio Meccanico collocato al centro della torretta situata nell’ala Est del quadriportico. La costruzione di quella prima macchina risaliva all’anno 1600, come riporta un articolo di A. NATALI apparso sulla rivista del 1925 su “Il Comune di Bologna” dal titolo: Gli Orologi Pubblici di Bologna (2). A tale proposito l’Autore così si esprime:

OROLOGIO DELL’ARCHIGINNASIO

Questo orologio ha la mostra che guarda nel cortile ed è collocato in una sopraelevazione dell’edificio, ergentesi sul ballatoio che fronteggia il Teatro Anatomico. A proposito della storia di quest’orologio, credo bene riportare integralmente il contratto per la sua costruzione. (Archivio di Stato di Bologna, Gabella Grossa, Istrumenti, cart. 156).

“Al nome di Dio adì 27 di Genaro 1600. In Bologna.
Messer Gio: Pietro da Ja Milanese mastro da Horologi in Bologna s’obbliga di fare a tutte sue spese agli Ecc.mi Signori Dottori Sindaci della Gabella un Horologio di ferro bello, e buono d’altezza oncie diciotto e di lunghezza di tredici, con i suoi contrapesi ed altre cose necessarie e ‘ingrossare il martello della campana e darlo fornito da uomo da bene per tutto il mese di maggio prossimo a venire, et questa obbligazione fa il detto M. Gio:Pietro da una parte, perché gli Ill.mi et Eccell. Signori il Signor Lodovico Gozadino Priore de’ Sindaci et il Sig. Enea Vizani et il Signor Annibale Marescotti Assunti a ciò deputati da tutta la Congregazione di detti Signori Sindaci per rogito del loro Notaro promettono et s’obbligano di pagare al detto M. Gio:Pietro presente et che accetta Ducatoni quarantacinque di Milano quando sarà fornito l’Horologio et in questo mentre di dargliene parti, secondo che a loro piacerà.
Et per fede delle cose dette si sottoscriveranno alla presenza di testimoni.
Io Lodovico Gozadino prior de’ Sindaci affermo quanto sopra.
Io Enea Vizani uno delli Assunti suddetti affermo e prometto quanto di sopra.
Io Annibale Marescotti de Assunti prometto quanto di sopra.
I Ducatoni 45 di Milano fano L. 196,15.
Io Giampiero milanese promet chuome di sopra”.

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Fig. 7 - L’antica torretta, ripresa dall’articolo di Natali
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L’antica macchina composta dal milanese Gioampietro però, ora non esiste più e gliene è stata sostituita un’altra, consistente in un orologio a pendolo e a pesi, col dispositivo per la suoneria dei quarti e delle ore. Le dimensioni di ingombro del castello sono 30x53x62 centimetri ed i suoi montanti e le sue traverse sono di ferro. Le campane per la suoneria sono a cielo aperto e sulla maggiore, che ha la bocca di 36 cm. di diametro è una scritta latina che dice:
“Panico Gerardo, Bidello dei Signori Artisti e Medici, fece fare nel 1565”.

Si vede dunque che questa campana serviva a dare i segnali delle lezioni alle scolaresche. Tolta alla sua originaria missione, ora batte indifferente e monotona le ore della vita.

Nel suo interessante articolo il Natali aggiunge:

Ha il quadrante con un solo indice. Meccanismo a pesi: pendolo sospeso a molla, lungo m 4. Scappamento ad ancora, con ruota a 30 denti. Batte le ore ed i quarti all’Italiana. Le ore intere sono ripetute con intervallo di 4 min. Ha due campane.

Dalle indicazioni di cui sopra, sembrerebbe che la campana grande della torretta avesse in origine anche il compito di battere il suono d’inizio delle lezioni, poi ricondotta al solo compito di battere le ore quando per tale ufficio si cominciò ad usare una autonoma campana di cui parleremo in sèguito.
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Fig. 8 - La seconda “Macchina del Tempo” dell’Archiginnasio. Immagine tratta dall’articolo di Natali
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L’attuale presenza all’Archiginnasio della torretta con relativo Orologio Meccanico non corrisponde più con quanto descritto dal Natali. Questa parte dell’antica struttura dello Studio è una ricostruzione post bellica conseguente il terribile bombardamento avvenuto il 29 gennaio 1944, uno dei più pesanti registrati a Bologna nel corso della seconda guerra mondiale, che produsse gravissimi danni a molti monumenti cittadini. In tre successive ondate, tra le 11,30 e le 12,50, la città venne colpita da fortezze volanti americane. Quasi tutte le bombe caddero sul centro storico: la bomba che colpì l’Archiginnasio distrusse l’Orologio Meccanico, il sottostante prezioso Teatro Anatomico, e più sotto ancora, a pianterreno, la Cappella dei Bulgari: al loro posto in pochi istanti si creò una immensa voragine che cancellò una delle parti più preziose dell’edificio.
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Fig. 9 - La torretta ricostruita nel dopo-guerra.
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L’OROLOGIO MECCANICO DEL SECONDO DOPOGUERRA

Nell’immediato secondo dopoguerra si provvidero a ricostruire fedelmente le parti dell’Archiginnasio così miseramente distrutte: anche la torretta che in origine accoglieva l’Orologio Meccanico mostrando all’esterno il quadrante, ritornò a presentarsi nella sua aggraziata figura, sprovvista però della macchina: ovviamente la priorità ricostruttiva si doveva dare alle parti murarie cadute e lesionate al fine di riattivare al più presto l’importante funzione di Biblioteca Comunale cittadina.
Il dopoguerra coincise a Bologna con il ritorno in Italia di un grande esperto di Orologeria antica, il Capitano Antonio Simoni (1897-1976), che per diversi decenni aveva prestato servizio militare nel territorio coloniale italiano dell’Africa Orientale, specie nel Sidamo, Etiopia. Questi era esperto sia delle macchine orarie, sia della Storia della misura del Tempo in ogni sua possibile sfaccettatura, occupandosi di restauri, specie di quelli ricostruttivi a causa delle grandi ingiurie subite da molti importanti Orologi da torre italiani. Certamente egli venne interpellato a proposito della riattivazione di quello dell’Archiginnasio, e forse fece da tramite nel consigliare alla Direzione della Biblioteca bolognese di rivolgersi alla nota “Ditta Bergallo” sita a Bardino Nuovo, frazione di Tovo San Giacomo (Savona).
L’ipotesi di tale collegamento deriva dal fatto che la Ditta Bergallo già dal 1946 aveva contatti con Simoni avendogli fornito materiale: sui registri della medesima si trovano infatti le seguenti annotazioni:

Pag. 211. 1946 – Giugno.
-. Bologna, per il Cap. Simoni Antonio, via Castiglione n. 22.
Fatta una macchinetta in bronzo con ruote d’angolo, come d’accordo, Lire 1.000
-. Fatto altro gioco di ruote coniche e nodo cardano, forchette, ecc. Lire 300
(con mano successiva) Ricevuto a saldo Lire 1.000.


Nella stessa paginetta si annota ancora:
-. 1948. Altra macchinetta Lire 3.000
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Fig. 10 – La pag. 211 del Registro Bergallo contenente le note di forniture ad Antonio Simoni. (Cortesia Archivio Museo dell’Orologio Bergallo)
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La Famiglia BERGALLO ha come capostipite nell’Orologeria GIOVANNI, che nasce nel 1841 e partecipa alla battaglia di Solferino. Per diverse generazioni i Bergallo costruiscono Orologi da Torre, operando ininterrottamente dal 1860 al 1980. L’ultimo è stato Giovanni Battista Bergallo, morto nel 1996 all’età di 92 anni. Questi, ultimo erede di un patrimonio storico-orologistico della sua famiglia, nel 1984 acconsentì di realizzare una esposizione pubblica del materiale in suo possesso, e in quella occasione auspicò pubblicamente che nel suo paese venisse creato un Museo che raccogliesse le testimonianze dell’arte orologiaia e della sua tradizione familiare.
Il Museo, a cui attese con notevole attaccamento l’allora Sindaco, il dott. Luigi Barlocco, venne istituito nel 1996 ed inaugurato nel 1997 nell’ex Palazzo Civico di Bardino Nuovo; nel 2002 iniziarono i lavori di ampliamento, che si conclusero nel 2011. Oggi il Museo è ottimamente funzionante, e visitato da un numero sempre crescente di visitatori; il Catalogo ivi presente è stato curato da Marisa Addomine e Daniele Pons. Informazioni sono reperibili al seguente indirizzo: www.museodellorologio.it.
Ed è proprio la Ditta Bergallo che nel 1963 realizza il nuovo Orologio Meccanico dell’Archiginnasio rimpiazzando quello distrutto nel 1944. Della fornitura ne troviamo accurata seppur sintetica documentazione nella scheda 77 che così riporta:

19/4/63 – Bologna Archiginnasio.
-. Orologio nuovo con ricarica elettrica WJ 125 con suoneria dei quarti e ore all’antica, cioè di sei in sei, e segna su un quadrante di rame con numeri romani del 1500 con una lancetta sola. Suona su due campane del 1500, una di 60 Kg e l’altra di 40.
-. Prezzo su lettera 1/11/62 Lire 360.000
Compresi trasporti, e posa in opera.
(Più sotto, con matita rossa:) Avuti (cioè: Pagato).


In calce alla medesima pagina la seguente nota:
Il vecchio Orologio era del 1500. E’ stato distrutto dalle bombe Inglesi nel 1944, come una parte dell’Archiginnasio che (era) adibita a Biblioteca.

Ancor oggi molti abitanti di Tovo San Giacomo ricordano che Giovanni Battista Bergallo si compiaceva di attestare che tra i suoi clienti vi era stato anche l’Archiginnasio di Bologna a cui aveva fornito una macchina nel dopoguerra.
Con tali premesse alcuni anni or sono chiesi all’attuale Direttrice dell’Archiginnasio, la dott.ssa Anna Manfron, l’autorizzazione ad esaminare quella macchina che purtroppo da qualche decennio era stata dimenticata.
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Fig. 11 – Scheda della Bergallo riferita all’Orologio Meccanico destinato all’Archiginnasio di Bologna. (Cortesia Archivio Museo ogio Bergallo)
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Fig. 12 – La macchina “Bergallo” situata all’interno della torretta dell’Archiginnasio.
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Sul basamento in ghisa della macchina è in rilievo la scritta:

G. A. BERGALLO - BARDINO NUOVO

Le iniziali “G.A.” stanno per GIOVANNI ANGELO, fratello del più noto GIOVANNI BATTISTA.

La custodia di lamiera che racchiude la macchina, trova però al suo interno una piastrina metallica con la seguente dicitura:

OROLOGERIA MARCELLO COLI – FONDATA NEL 1860
DI LUIGI COLI
OROLOGIO A TORRE ORE E QUARTI – A RICARICA ELETTRICA
TECNICO MONTATORE SIG. MONTANARI BRUNO
17 APRILE 1963

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Fig. 13 – La piastrina metallica posta all’interno dell’Orologio.
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Dunque, a quanto risulta da questa memoria, la macchina è stata prodotta dalla Ditta Bergallo (i cui contatti iniziali sono stati forse condotti dal Cap. Simoni). Il montatore Bruno Montanari della Ditta Luigi Coli, provvide alla messa in opera sulla torretta dell’Archiginnasio come da contratto con la ditta ligure, senza apportarvi – a quanto sembra – alcuna modifica. Infatti, il sistema elettrico della macchina è del tutto identico ad altri prodotti dalla ditta ligure Bergallo.

***

La macchina, da alcuni decenni non più funzionante, ha in tempi recentissimi ripreso a marciare grazie all’intervento dell’orologiaio bolognese Giuseppe Fini (recentemente scomparso) assistito da un tecnico per la parte elettrica..
Il suono è impartito a due campanelle poste alla sommità della torretta: la grande per le ore, la piccola per i quarti. E’ un classico che l’annuncio orario avvenga col sistema dell’Ora alla “Romana” per facilitare il conteggio delle battute, e per risparmiare sulla carica della macchina (anche se quest’ultima nel nostro caso non è richiesta, trattandosi di una carica elettrica).
Tale sistema prevede una sequenza di SEI ORE ripetute QUATTRO VOLTE nell’arco delle 24. Dunque, batte “1”, poi “2”, poi “3”, e a seguire “4”, “5”, “6”, e nel proseguo della giornata si ricomincia da “1”, “2”, ecc. Al rintocco delle ore “Intere” fa seguito quello dei “Quarti”.
Il tutto è riconducibile alla seguente Tabellina:
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Ai rintocchi orari seguono i “QUARTI” dati dalla CAMPANELLA PICCOLA secondo la regola:
ORA INTERA = ZERO; PRIMO QUARTO = UNO; MEZZA = DUE; TRE QUARTI = TRE

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Tornando a considerare la menzionata Ditta bolognese Coli, è doveroso segnalare che Marcello Coli fu il fondatore nel 1860 di questa stirpe di Orologiai petroniani con laboratorio in via D’Azeglio 36 C. Egli fu l’autore del simulato Orologio Perpetuo che oggi si conserva al Museo Medievale di Bologna grazie alla donazione della nipote Maria Luisa Coli, nel 1981.
La macchina, di dimensioni cm 86 x 46, venne realizzata nel 1887 in vista dell’Esposizione delle Province dell’Emilia del 1888. L’intenzione era di rendere attivo e costante il principio del moto perpetuo, grazie ad un gioco di pesi e contrappesi messo in atto dalle stellette mobili poste a corona della grande raggiera. In realtà ciò non si rivelò possibile, e il meccanismo venne reso funzionante per mezzo di una molla nascosta.
Di questo particolare strumento venne pubblicato un articolo sulla: “Gazzetta dell’Emilia, Monitore di

MOTO PERPETUO
Le persone che giorni sono passavano per via Azeglio non potevano a meno di osservare un agglomeramento di curiosi fermo dinanzi a una bottega di orologeria, e precisamente dinanzi all’elegante negozio del Sig. Coli.
Perché quella curiosità? Al primo piano della vetrina pompeggiava un orologio dalla forma bizzarra, e moventesi in un modo che sembrava ai più, direm quasi miracoloso.
Figuratevi una grande raggiera del diametro di cinquantadue centimetri, formata di trenta raggi, intagliati goticamente in una lastra di metallo, moventesi ritmicamente e continuamente. Ciascun raggio è sormontato da una stella in metallo a esso attaccata mediante una appendice di quattro centimetri di lunghezza. Ma dividendo verticalmente la raggera si vede che a destra le stelle si ergono ritte in cima ai raggi, a sinistra sono ripiegate. Una piccola molla posta in alto rizza al suo passaggio la stelletta, un’altra posta in basso la piega.
Questa raggiera ne ha dinanzi una più piccola in cui è il quadrante dell’orologio lavorato a giorno, sicché si scorge subito non esservi nessuna molla che produca e mantenga l’oscillazione del pendolo. Il tutto sostenuto da due colonnette bine, imitate da quelle del portico detto dei Servi, poggi su un largo piedistallo pure di metallo.
Come si muove l’orologio? O meglio che cosa si è voluto fare, qual problema si è tentato di risolvere?
L’egregio sig. Coli che oltre a essere un abile orologiaio, è un distintissimo meccanico, si era proposto di risolvere il problema del moto perpetuo. E’ vero che in matematica si prova che il problema è insolubile, ma il sig. Coli pensava probabilmente che non sarebbe stato raro se anche una volta si fosse dimostrato che la teorica è ben diversa dalla pratica.
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Fig. 14 – Il Moto Perpetuo di Marcello Coli., oggi conservato al Museo Medievale di Bologna.
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Fig. 15 – La piastrina col nome “Marcello Coli” alla base del Moto Perpetuo.
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Per concludere le presenti note relative a Marcello Coli, va segnalato che l’Orologio della Mercanzia - la cui realizzazione si deve a Camillo Franchini in data 1857 – all’interno di quell’armadio è sito un piccolo meccanismo sul cui quadrantino compare la scritta “M. COLI 1929 A. VII”. Probabilmente tale scritta si riferisce al momento in cui la carica venne elettrificata: non ci è dato di sapere, con certezza, se nei primi decenni del Novecento la ditta Coli producesse ancora orologi o si limitasse all’installazione di esemplari costruiti da altri, quale appunto l’Orologio dell’Archiginnasio.
E pensò che se vi era un modo per risolvere il problema, questo doveva essere la forza di gravità.[/i]
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Fig. 16 – Il quadrante dell’Orologio della Mercanzia.
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LA CAMPANELLA DEL CORTILE

Tornando alla tematica del suono delle campane, come già si è detto in precedenza merita un apposito ed ultimo paragrafo la considerazione di una ulteriore campana presente nel cortile dell’Archiginnasio – del tutto isolata – posta in un angolo, quasi alla sommità del primo piano. Non si conosce il periodo in cui essa qui venne posta, forse quando si volle disgiungere il suono dell’ora dato dall’Orologio, da quello che scandiva gli intervalli scolastici. La sua data, incisa sul bronzo in parte corroso, è 16....
L’immagine più antica che la ritrae è forse un acquarello risalente al 1849 eseguito dai pittori ONOFRIO ZANOTTI e CONTARDO TOMASELLI, facente parte di una serie di dieci immagini dell’Archiginnasio, quando esso era già sede della Biblioteca Comunale. Sull’acquerello che illustra il cortile è ben presente la campanella (Fig. 17, in alto a sinistra), montata sul suo castello ligneo, sostenuto a sua volta da due travetti che sopportano il tutto.
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Fig. 17. La campanella che si intravede nell’acquarello del 1849.
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La presenza della medesima campanella la ritroviamo in una foto del 1944 che ritrae la porzione
dell’edificio colpita dalla bomba (Fig. 18): il cortile dell’Archiginnasio è completamente sommerso dalle macerie; la foto è ripresa dall’interno di quella che sino a pochi giorni prima era stata la Cappella dei Bulgari, ora completamente distrutta, di cui sopravvivono soltanto alcune brevi porzioni di affresco. Ebbene, sul lato sinistro, tra il fianco dell’arco del piano superiore e il sottotetto, si vede chiaramente la campanella, miracolosamente sopravissuta ad una deflagrazione così potente, di cui qui riproduciamo sia l’intera immagine (Fig. 18), sia l’ingrandimento (Fig. 19). Si noti in Fig. 18 (sopra la campanella e più a sinistra, che la deflagrazione ha risparmiato l’attigua costruzione che sopravanza dai tetti, la quale ospita al suo interno la cosiddetta “Rotonda”, già camera da pranzo annessa all’appartamento del Bibliotecario Luigi Frati (3). La Fig. 20 ci mostra la campanella allo stato attuale: un prezioso documento testimone della presenza di una folta schiera di studenti provenienti dall’Europa ed oltre.
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Fig. 18- Gli effetti del bombardamento visti dalla Cappella dei Bulgari
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Fig. 19 - Ingrandimento della figura precedente, in cui è chiaramente visibile la campanella del tutto incolume.
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Fig. 20 - La campanella allo stato attuale.
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Il motivo di dissociare l’Ora dell’Orologio dall’Ora delle lezioni, ponendo nel cortile la presente campanella, dipese certamente dal fatto che sino all’avvento napoleonico – 1796 - il Tempo in tutta la penisola si batteva “all’ITALIANA” (4). Tale stile orario, che si cominciò ad usare a partire dal Duecento, faceva coincidere il termine di un giorno – e l’inizio del susseguente – mezz’ora dopo il Tramonto del Sole. Ciò complicava notevolmente i quotidiani impegni, i cui momenti slittavano in anticipo o in ritardo a seconda dell’andamento stagionale.
E così quel piccolo bronzo, non invadente e situato in un angolo del cortile, portava una regolarità a tutto il sistema di segnali scolastici. Esso ha superato fortunatamente i modernismi che molto spesso distruggono l’antico; ha anche schivato per un soffio la deflagrazione della bomba nel 1944. Salvatosi così fortunatamente, oggi lo ritroviamo ancora al suo posto, quale testimone silente di una costante rinnovata gioventù che non sente più il suo richiamo argentino: oggi le cadenze orarie si danno ormai soltanto col telefonino.

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N O T E
Per una informazione generale sugli antichi Orologi Meccanici di Bologna, vedi:
-. ENRICO MORPURGO, Dizionario degli orologiai italiani. Milano, 1974.
-. CAMPIGOTTO-PARISINI-TAMASSIA, Macchine Orarie – Orologi da Torre e orologiai in Emilia-Romagna. Bologna, 2000.
-. GIOVANNI PALTRINIERI, Bologna città del Tempo. Bologna, 2008.
(1) SANDRA SACCONE, Al restauratore delle rivoluzioni (celesti). In “L’Archiginnasio”, C -2005
(2) A. NATALI, Gli Orologi Pubblici di Bologna. In: “Il Comune di Bologna”, Anno Undecimo, numero 12, Dicembre 1925.
(3 ) PIERANGELO BELLETTINI, Relazione del Direttore sull’attività svolta nell’anno 2005. In: “L’Archiginnasio”, Anno C-2005, pp. XV-XVI.
“ Nel 2005 si è ristrutturata la cosiddetta “Rotonda”, la sala più propriamente ovale, posta al 2° piano, fra l’atrio d’accesso agli uffici e la “Manica lunga”, in corrispondenza dell’angolo Sud-Ovest della soffitta del quadri loggiato. Questo ambiente ellittico, illuminato da un lucernaio parimenti ovale sul soffitto, venne realizzato fra il settembre 1860 e il febbraio 1861 come camera da pranzo annessa all’appartamento del Bibliotecario Luigi Frati, appartamento che era ubicato dove sono oggi gli uffici amministrativi della Biblioteca. Questa sala ovale, che ai tempi del Frati era sormontata da un “Belvedere”, cioè da una terrazza, ora non più esistente, dalla quale doveva godersi una suggestiva vista su S. Petronio e sui colli, presentava una notevole altezza, determinata dall’esigenza di porla in euritmica simmetria con la corrispondente, sul lato Nord, Sala Gozzadini”.
(4) GIOVANNI PALTRINIERI, 1796 a Bologna: dall’Ora Italiana all’Ora Francese. In: “Strenna Storica Bolognese”, Bologna, 2002.
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Re: PALTRINIERI: La Misura Del Tempo All’Archiginnasio Di Bologna

Messaggio da Giacomo » lun mag 04, 2020 2:58 pm

L'ho letto tutto d'un fiato. Interessantissimo è dire poco. Grazie Giovanni.

Alfredo
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Re: PALTRINIERI: La Misura Del Tempo All’Archiginnasio Di Bologna

Messaggio da Alfredo » lun mag 04, 2020 5:48 pm

Tante volte sono stato all'Archiginnasio ma quando tornerò non mi soffermerò solo all'orologio del cortile! Grazie Paltrinieri.

dko
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Re: PALTRINIERI: La Misura Del Tempo All’Archiginnasio Di Bologna

Messaggio da dko » gio mag 07, 2020 9:41 am

Conosco bene quei luoghi e faccio grande elogio all'autore del pezzo.

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Fede94
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Re: PALTRINIERI: La Misura Del Tempo All’Archiginnasio Di Bologna

Messaggio da Fede94 » gio set 23, 2021 10:11 am

Molto molto interessante! :)

Mi permetto di condividere qualche foto della campanella sopracitata, fatte poco prima dell'ultimo restauro:

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