CAMPANE CONTRO LA GRANDINE

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CAMPANE CONTRO LA GRANDINE

Messaggio da PALTRINIERI » mer ago 18, 2021 4:35 pm

CAMPANE CONTRO LA GRANDINE
Giovanni Paltrinieri per AISOR, Agosto, 2021

Il fulmine nella mitologia classica era considerato un attributo di Zeus, prodotto da Efesto nella sua fucina nelle viscere di Vulcano, che la divinità scagliava sulla terra per incutere timore e rispetto ai mortali. Anche la Bibbia presenta il fulmine come uno strumento divino per punire i peccatori, e di conseguenza in passato esprimeva chiaramente l’ira di Dio verso il suo popolo quando questi deviava dalla retta via.
Sin dai tempi più remoti, si credeva che l’unico strumento capace di mitigare la forza di un fulmine, fosse il suono delle campane, di cui una particolare dotata di una data lunghezza d’onda, capace di spezzare quella delicata e pericolosa situazione.
Come vedremo invece, si tratta soltanto di una pia abitudine del tutto errata e non suffragata da alcuna realtà: addirittura l’attivazione di tale sistema garantiva soltanto il rischio di incolumità per chi attuava tale pratica, e nulla di più.
Tra le curiosità relative alle campane e la loro funzione, un elegante esametro sintetizza le finalità di questo bronzeo strumento che si trova inciso sulla campana della torre di Bergamo e ne spiega i mirabili effetti:
Convoco, Signo, Noto, Compello, Concino, Ploro.
ARMA, DIES, HORAS, FULGURA, FESTA, ROGOS.
Cioè: Convoco le armi; Marco il giorno, Noto le ore, Respingo i fulmini, Solennizzo le feste, Piango i funerali. (F. Cancellieri, Le due nuove campane di Campidoglio. Roma, 1806, p. 23).


Se dunque si è sempre creduto che una delle funzioni della campana è quella di “Respingere i fulmini”, solo nel Settecento si iniziano a studiare modernamente le scienze ed in particolare la Fisica. Si scopre l’elettricità e tutte le esperienze da essa derivanti, tra cui lo studio dei fulmini.
Tra le varie ricerche compiute nel secolo dei Lumi, esiste un fascicolo a stampa di una trentina di pagine scritto dal Minore Conventuale Frate Pellegrino Ricci, pubblicato a Faenza nel 1787 di cui qui ne riportiamo il frontespizio dal titolo:

DISSERTAZIONE SUL COSTUME
DI SUONARE LE CAMPANE
IN OCCASIONE DI TEMPORALI

La sua tesi, ben articolata in numerosi paragrafi è la seguente:
Con le moderne conoscenze della Fisica (dice Frate Ricci), possiamo definire il fulmine un fuoco elettrico, e per tale esso segue le costanti leggi dell’elettricità che sono:
1) La scintilla si scaglia di preferenza su un corpo vicino anziché uno lontano;
2) Essa si scaglia di preferenza su un corpo metallico.
Se ad esempio vi sono due luoghi ad una certa distanza l’uno dall’altro, uno di legno e l’altro di ferro, la scintilla si scaglierà su quest’ultimo anche se è più distante, in quanto l’elettricità si propaga più facilmente sui metalli. Detto questo, i campanili sono tra gli oggetti più suscettibili ai colpi di fulmine, in quanto sono in posizione più elevata delle costruzioni circostanti; oltretutto essi contengono un’elevata quantità di materiale metallico, ed inoltre sono sormontati da globi, banderuole, croci, e da altri ornamenti in ferro.
Già agli antichi era noto che i fulmini prediligevano i luoghi più alti, come dice ad esempio Torquato Tasso nel Canto Settimo della Gerusalemme:
O siccome il folgore non cade
Sù basso pian, ma sull’eccelse cime...
Dunque, le eccelse cime sono le torri, le piante adulte nelle campagne, e gli alberi delle navi sul mare: ed infatti sovente su di loro si riscontrano danni e bruciature prodotti dal fulmine. Esempi del genere – come ricorda l’autore - si trovano nelle torri universitarie di Padova, Siena, nel castello di Milano e di Pavia, riportando di un triste caso avvenuto nel 1769 a Brescia nella Torre di San Nazario. Le antiche cronache delle città italiane riportano spesso la morte di campanari uccisi dalla folgore.
Trattando poi della preferenza di caduta di un fulmine, la casistica comprova che esso molto spesso compie dei lunghi percorsi e deviazioni per andare alla ricerca di notevoli masse metalliche. La preferenza di tali cadute è sempre data ai campanili. Per citare un paio di casi: è stato particolarmente danneggiato il campanile di San Marco a Venezia, ma ancor peggio quello di S. Benedetto delle Monache in Padova, che nella sera dei 21 aprile 1783 è stato fulminato per ben cinque volte. Esempi del genere sono riscontrabili ovunque, tanto che l’autore riporta in diverse pagine i fatti più eclatanti in Italia e in Europa.
Se i campanili e le campane presenti su di essi sono facile bersaglio dei fulmini, a causa della pioggia le corde di canapa che vi sono collegate sono un ottimo conduttore elettrico, al punto che la persona incaricata di suonare è spesso soggetta a gravi incidenti, spesso mortali: chi ha il compito di servire il prossimo, corre il rischio di perire egli stesso.
Per ultracentenaria tradizione è uso suonare le campane nel corso di un temporale nella convinzione che la vibrazione dell’onda prodotta riesca a spezzare una seria situazione di nuvolosità. Ma suonando le campane, si aumenta invece il pericolo, in quanto l’aria si eccita maggiormente, e dunque anziché ottenere un risultato migliorativo, si ottiene esattamente l’opposto. Tale suono di campane - scrive Frate Ricci - produce inoltre un movimento dell’aria la quale viene continuamente rimossa e sostituita con della nuova: il fulmine segue allora la direzione di tale nuova corrente trovando un passaggio più libero di qualsiasi altra via. Se dunque le cose stanno così, alcuni potrebbero obiettare sull’inutilità delle sacre Benedizioni delle campane: la Chiesa risponde che nella supposizione che certe nubi siano eccitate da spiriti maligni nemici del genere umano, esse col suono sono in grado di dissipare tali loro dannose opere: “Il motivo per cui la Chiesa ne’ Temporali suona le Campane è anche quello di avvisare il popolo del sovrastante pericolo, e stimolarlo a fare orazione”.
Frate Ricci riporta anche il tentativo di alcuni militari di usare il cannone per neutralizzare le nuvole più pericolose, ipotizzando che tale operazione potrebbe effettuarsi con miglior riuscita se anziché un solo cannone se ne usassero diversi in maniera congiunta: il frate non ci dice però se con tale metodo si sono ottenuti dei buoni risultati, oppure si tratta soltanto di una teoria non ancora collaudata. Che ci sia del vero in questa esposizione è anche plausibile, considerando che la “Tecnica delle cannonate” è in funzione ancor oggi con esiti – sembra - positivi. In passato si sparavano in aria dei proiettili che ora sono banditi dal commercio. Questi erano sparati tramite particolari tubi conficcati nel terreno: i proiettili avevano nel fondo una specie di "contatore di metri", che l'agricoltore regolava a seconda dell'altezza delle nubi grandigene che intendeva neutralizzare. Il proiettile caricato a tritolo e così regolato, quando le cose andavano per il verso giusto andava ad esplodere all'interno delle nubi e causava con la deflagrazione "lo scioglimento" della grandine. Attualmente si sparano Onde d’urto generate da uno speciale cannone che funziona a metano: le onde salgono in cielo e spezzano le nubi apportatrici di grandine.

Tornando al citato volumetto del Settecento di Frate Ricci, in esso si sottolinea ancora una volta la raccomandazione di non usare le campane in occasione di un temporale; le due ultime paginette così riportano:

RAPPORTO ALLA GERMANIA AUSTRIACA. EDITTO DI CESARE DATO IN VIENNA LI 26 NOVEMBRE 1783: “Una serie di triste esperienze pone fuori di dubbio, che il metallo agitato dal suono delle campane in vece di dissipare le nuvole di Temporali, attiva anzi il fulmine, ed aumenta il pericolo. In quest’anno principalmente si sono provati in vari luoghi i dannosi effetti del suonar le Campane, nella morte di molti colpiti dal fulmine, e nell’incendio di parecchie Torri e Chiese. Noi siam persuasi, che i nostri Sudditi riguarderanno come una prova della nostra premura pel loro bene la proibizione che facciamo col presente Editto di suonar le Campane in occasione di Temporali”.
Questo Editto di Cesare è poi stato esteso anche alla Lombardia Austriaca il giorno 25 settembre dello scorso anno 1786 nei seguenti termini: “Sarà generalmente vietato il suonar le Campane per i Temporali, divenendo di questi maggiore il pericolo, appunto a cagione del loro suono, come l’esperienza lo dimostra: restando bastantemente avvisato il Popolo della necessità di ricorrere in questi casi a Dio, perché tenga lontano il pericolo”.

CONCHIUSIONE
Voglia adunque il Cielo che resti sbandito anche fra noi il pernicioso costume; e che illuminati alla fine i popoli, non chiamino più col suono delle Campane i fulmini, e le tempeste, che senza di quello, si scaricherebbe forse da noi lontano nelle rupi, e negli Alberi; o almeno non cadrebbero sì di frequente nelle nostre città. I saggi Vescovi determinino, ai Rettori delle Chiese loro soggette, il tempo di far uso del suono. Il prudentissimo Editto dell’Elettor Palatino può loro servir di regola. Quando il Temporale si vede venir di lontano, si avvisi col suono delle campane il popolo, affinché avvertito del pericolo, si rivolga a Dio con le preghiere, perché ne liberi da ogni disgrazia, e dileguate, o altrove passate le procellose nubi, col suono medesimo, gli si ricordi il dovere di ringraziare quel Dio che ne ha preservato. Con questa sola economia usato, può esser utile, e lodevole il suono delle Campane nei Temporali.

Ormai comunque i tempi per risolvere questo problema erano maturi: da poco, nel 1752, B. Franklin aveva inventato il Parafulmine, un dispositivo capace di disperdere a terra la scarica elettrica e renderne innocui gli effetti.
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Re: CAMPANE CONTRO LA GRANDINE

Messaggio da Calico » gio ago 19, 2021 8:49 am

Il vecchio parroco della mia ex parrocchia, adesso riuntia a quella centrale, era maestro di musica e direttore di coro, stimato anche in quel di Roma e autore di varie pubblicazioni di livello. Quando venne trasferito in questa parrocchia, contrariato dal trovare il gruppo elettrificato delle campane rovinato da un fulmine, dopo essere riuscito a trovare le risorse per farle riparare, ammodernando i motori e permettendo di avere anche rintocchi complessi, ogni volta che c'era un temporale con fulmini, le "scioglieva a distesa", convinto così che le onde sonore lo avrebbero allontanato. E in effetti, finché lui è rimasto parroco, non sono più state danneggiate dai fulmini.

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