DIZIONARIO DI ERUDIZIONE-B

Le ore con il sole.

A cura di: PALTRINIERI

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PALTRINIERI
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DIZIONARIO DI ERUDIZIONE-B

Messaggio da PALTRINIERI » ven nov 05, 2021 7:01 pm

DIZIONARIO DI ERUDIZIONE – OROLOGIO-(B)
(Trascrizione di Giovanni Paltrinieri per AISOR, 2021)
La seguenti righe riportano la trascrizione della seconda parte dell’articolo di GAETANO MORONI del 1848 dedicato all’Orologeria.

Parlando dell’Obelisco di Monte Citorio, dicemmo dell’obelisco d’Augusto che servì di gnomone e orologio solare, per segnare con la sua grande ombra tutte le ore del giorno; e degli altri orologi solari si fece menzione in diversi luoghi. L’Antonini nel 1790 pubblicò una serie di orologi solari, i quali d’ordinario si collocavano sopra colonne o altro edifizio a comodo del pubblico; ma siccome da principio nelle città appena ve n’era uno, così presso i greci e i romani fu introdotto l’uso de’ servi con l’incarico d’indicare ai padroni l’ora che correva, dopo di averla osservata nel pubblico orologio: noteremo ch’è ancora in uso l’antico costume in alcuni paesi di Germania, Svizzera, Olanda e Inghilterra, di mantenere uomini stipendiati che avvertono dell’ora durante la notte. Il fiore della passione o della grandiglia indica le ore nelle giornate serene, e si riguarda come un naturale orologio solare. L’aprirsi e serrarsi che fanno alcuni mirabili fiori in certi dati tempi del giorno, dal maggio fino all’agosto, il che fu detto vigilia e sonno delle piante; un tal fenomeno forse suggerì l’idea dell’orologio, secondo le osservazioni del sommo Linneo e di sua figlia; fu chiamato l’orologio di Flora. Questo nel 1838 divenne grazioso argomento alla gentile poesia del più gentile de’ poeti viventi cav. Angelo Maria Ricci. Mancando il Sole ne’ giorni nuvoli e piovosi, o in tempo di notte, gli antichi usavano la clepsidra o clessidra, ch’era un orologio ad acqua, che si crede introdotto in Roma nel 595 dal censore Scipione Nasica, per riparare alla misura del tempo in mancanza del Sole, ma non perciò si provvide al soppravvenire delle tenebre nella notte. Questo orologio misurava il tempo quasi come gli orologi a polvere, collo scolo uniforme delle acque, cadendo l’acqua di gocciola in gocciola da un vaso in un altro: in Roma serviva per fissare il tempo agli oratori nel foro, e dai clepsidari si metteva l’acqua nel vaso, secondo il bisogno ne’ giudizi forensi. Le clepsidre si usarono anche dai cinesi, i quali dicesi che per mezzo degli orologi ad acqua supputassero gl’intervalli di tempo che scorreva tra il passaggio di una stella pel meridiano, e il levare o il tramontare del sole, e quindi calcolassero la lunghezza de’ giorni. Furono in uso fra i greci e i romani gli antichissimi orologi a polvere, i quali comunemente, non comprendevano che lo spazio d’un’ora, e la mitologia ne formò il simbolo del tempo; furono detti anche di sabbia o polverino, la cui origine appartiene alla più remota antichità. In appresso essendosene perduto l’uso per adoperarsi i quadranti solari, alcuni scrittori sono d’avviso che i monaci, stanchi di cercare nel sole e nelle stelle le ore de’ loro uffizi, immaginarono di nuovo i polverini, facendo sgocciolare la sabbia, i quali per essi tennero il luogo di orologi e misuravano la durata degli uffizi.
Ma qual paragone può mai farsi fra le macchine, per altro ingegnose suindicate, e gli altri orologi inventati posteriormente, sì comodi e sì comuni, che a forza di molle, contrappesi e pendoli ci segnano ad una ad una tutte le ore diurne e notturne e ce ne danno perfino il grato e utile avviso col suono della campana? Incominciando dagli orologi a pendolo, seguendo l’ordine tenuto dal Cancellieri, molte sono le questioni sopra il primo loro introduttore, la cui controversia mirabilmente trattò il Tiraboschi, rivendicando l’onore della sua prima invenzione all’italiano Galileo Galilei nel 1641, eseguita poi da Vincenzo suo figlio naturale, servendosi dell’orologiaro Marco Teffler. Defendente Sacchi, Storia degli orologi, difese il Galileo contro Montucla, che pretese darne la gloria all’Ugenio. L’applicazione del pendolo all’orologio, fu poi seme fecondo di bei trovati nella fisica, nell’astronomia e nella nautica. Dicesi che il Galileo ne apprese l’idea dall’osservare l’oscillazione e il moto delle lampade appese alle volte del duomo di Pisa, il cui semplice ondulare gli servì d’applicazione a regolare la misura del tempo per mezzo del pendolo negli orologi, sedici anni prima che Cristiano Ugenio o Huyghens offrisse agli stati d’Olanda il suo orologio nel 1657, con meccanismo poco differente da quello di Galileo, e ne scrisse due opere; altri poi in seguito perfezionarono l’orologio oscillatorio e sue diverse specie. Il Bernini Storia dell’eresie, pretendo col Ciacconio che Sabiniano Papa del 604, distinguesse le Ore Canoniche, per recitare i divini uffizi, istituisse gli orologi e le Campane, per invitare il clero ad unirsi. Degli orologi a ruota si ha una lettera scritta nel 757 del Papa S. Paolo I a Pipino re di Francia, cioè d’un orologio notturno che gli mandò in dono con alcuni libri indicati nel vol. XXIII, p. 223 del Dizionario. Il Cenni sospettò che l’orologio potesse essere fatto in modo da indicare le ore della sfera segnate, con l’aiuto d’un lume acceso che vi era rinchiuso. Da Ermanno Contratto e da Adone è descritto un orologio, che Aronne Rachhild re de’ persiani fece presentare nel 807 a Carlo Magno; altri dicono che il donatore fu Haroun-al-Raschid califfo, che aveva contratto con lui alleanza. In esso erano racchiuse dodici pallottole di bronzo, che successivamente al fine di ciascun’ora cadevano, facendo risuonare un cembalo o bronzo sottoposto; ed inoltre dodici statue in atteggiamento di cavalieri, che uscendo al compiersi delle ore da altrettante finestre o porte, che prima erano aperte, le socchiudevano. Questo pare che fosse orologio opportuno al giorno, non meno che alla notte, come riflette il Cancellieri.
Tuttavolta dell’orologio a ruota se ne deve la felice e stupenda invenzione ad un italiano; e fece quasi obliare l’orologio solare, cui l’astronomia assicurò una perenne ricordanza, chiamando Orologio Astronomico una delle costellazioni dell’austro osservate dal de la Caille, presso il Capo di Buona Speranza. Scrive pertanto il Passeri, che sino dopo l’800 si stette alla descrizione del Sole, e questa ristretta agli orologi fissi nel muro, poiché i portatili non ebbero gran seguito. Ma al tempo dell’imperatore Lotario I nipote di Carlo Magno, Pacifico arcidiacono di Verona, dagli scritti degli antichi ivi concepì l’idea di mettere in opera gli orologi a ruota, mossi dalle forze d’un peso, e regolati dal contrasto d’un resistente, che poi ebbero credito grandissimo, e vi si aggiunse la perfezione del suono, e finalmente furono applicati a più altri servigli e piacevolezze. L’orologio di Pacifico, che morì nell’846 o nell’849, indicava le ore in tempo di notte, e nullus ante viderat, scrive il p. da Prato parlando del suo epitaffio riportato dal Muratori nella dissert. 24, il quale quanto alla qualità dell’orologio fa opportune riflessioni; anzi di quello donato a Carlo Magno, opina che fosse una clepsidra o orologio ad acqua, o pure da polvere, e non orologio da mettersi fra quelli da noi usati. L’arcidiacono Pacifico è riconosciuto comunemente per autore del primo orologio composto a ruote senz’acqua; ed al medesimo si attribuisce ancora l’invenzione dello scappamento, ordigno ingegnoso che frena l’azione del primo motore, e rende equabile il movimento delle ruote: nota il Tiraboschi, che se tuttavia è incerto tra i nominati chi fosse il primo costruttore degli orologi a ruote, o benché impropriamente non si sappia ove e per opera di chi avesse origine questa invenzione, come non se ne trova fuori d’Italia alcuno indizio più antico, è assai probabile che nascesse fra noi. Soltanto verso la fine del secolo XV, Waltero di Norimberga cominciò a cimentare gli orologi a ruote nelle osservazioni astronomiche. Si crede da alcuni che il celebre Gerberto francese, poi Papa Silvestro II, sia stato nel 998 l’autore degli orologi da suono. Ditmaro dice che lo fece in Magdeburgo con tale artifizio, che una stella veduta per una fistola, ne dimostrava le ore; altri dicono che lo facesse in Ravenna per Ottone III. Il Mazzucchelli notò che il celeberrimo Boezio si dilettò anche della meccanica, e Gundebaldo re de’ borgognoni avendo presso di lui veduti in Roma due orologi che avea inventato, l’uno de’ quali indicava in una mobile sfera il corso del Sole, e l’altro quello del giorno ossia delle ore, col mezzo d’acqua stillante, pregò il suo suocero Teodorico, e questi Boezio, che volesse mandarglieli. Quindi alcuni riconobbero Boezio per inventore degli orologi da contrappeso. Cassiodoro fa menzione di due orologi ch’egli stesso avea lavorati pel suo monastero, l’uno solare, l’altro ad acqua. In qualunque modo, essendo stati questi i primi orologi a ruota, benché da molti si creda che quelli di s. Paolo I, Boezio e Cassiodoro, quantunque congegnati in maniera che si stendessero a tutte le ore 24 del giorno, fossero però ad acqua semplicemente, laonde giustamente Giovanni Ispano riprese i pittori che rappresentano s. Girolamo con l’orologio. Non mancò chi credette che anco gli antichi abbiano posseduta l’arte di fare gli orologi, che poi siasi smarrita e ritrovata dai tedeschi; ma benché si voglia accordare che gli antichi conoscessero l’arte di formare gli orologi a ruote, questa fu certamente dimenticata; è poi innegabile che al principio del secolo XIV questo strumento, mosso da ruote, era già assai noto, e l’attesta Dante.
In molti articoli parliamo degli orologi principali delle città, decorati con figure e rappresentanze, di specie differenti ed a martello, con singolari meccanismi armoniosi, numerose campane, posti sulle torri, sui campanili ed altri edifizi, non solo per indicar le ore, ma anche per avvertire i cittadini del pericolo degli incendi, pel quale veramente sembra che bastasse il suono delle campane. Il primo orologio a ruota, di cui si trova menzione in Italia ne’ bassi secoli, è quello del campanile della chiesa di s. Eustorgio de’ domenicani in Milano, forse circa il 1328 o 1339 (altri dicono nel 1306), e verso lo stesso tempo ivi pure fu eretto quello sulla torre di s. Gottardo: l’orologio della torre di s. Eustorgio venne collocato in una stella d’oro, ma pare che non suonasse le ore, proprietà lodata in quello di s. Gottardo (dicesi lavorato da Guglielmo Zelandino) che suonava le ore 24 sopra una campana, incominciando il numero dalla notte. L’antica famiglia Dondi di Cremona, stabilitasi nel secolo XIII in Padova, erroneamente si crede abbia assunto il soprannome di Orologio, da quello a ruote di 24 ore fabbricato per la torre di tal città nel 1344, non da Giovanni medico e matematico, ma da suo padre Jacopo anch’esso medico insigne, d’ordine d’Ubertino da Carrara signore di Padova. Giovanni colle sue mani fece quello a ruote di Pavia, di tale ingegnosa struttura che riuscì superiore e mirabile più degli altri fino allora veduti, poiché indicava ancora i movimenti del Sole, delle stelle e di altri pianeti, ed i giorni festivi: questo strumento chiamato orologio, sfera o planetario, gli costò sedici anni di fatica. Essendosi guastato, Carlo V imperatore ne fece fare uno simile da Giovanni Torriani celebre macchinista cremonese, e lo portò in Spagna. Si crede che il terzo orologio a martello eretto in Italia, sia quello di Monza del 1347. L’arcivescovo di Milano Visconti nel 1353 fece lavorare in Genova un insigne orologio: tre anni dopo il comune di Bologna ebbe il suo orologio, e lo collocò sulla torre pubblica detta del Capitano, la cui campana battendo annunziava le ore. Gli orologi in Inghilterra non vennero eretti che nel 1325 per opera di Wallingford monaco benedettino, costrutto a Londra. L’orologio del Courtrai che Filippo l’Ardito duca di Borgogna fece trasportare a Dijon nel 1363, riguardossi come uno de’ più celebri orologi. Nel 1370 il re Carlo V fece venire dalla Germania Enrico di Wick, che costruì l’orologio del palazzo di Parigi e fu la prima macchina di questa specie che quella capitale possedesse. In Germania a detta epoca già eranvi come in Fiandra orologi complicatissimi, nè quali d’ordinario s’inserivano i segni del zodiaco, il corso de’ pianeti ecc.: nello stesso secolo a Lunden vedeasi un orologio costruito con singolare artifizio. La Spagna ebbe il suo primo orologio in Siviglia nel 1400, Mosca nel 1404, Lubecca nel 1405. Diversi meravigliosi orologi, segnanti le ore, il moto del Sole e della Luna e degli altri pianeti, l’eclissi, i segni zodiacali e tutte le rivoluzioni del cielo, i giorni e le ore, descrive il lodato Cancellieri; oltre i succitati a secondi naturali ad equazione con due sfere, e quello a cicloide acquistato dal Valadier suo autore dall’elettore palatino, autore eziandio d’un orologio che Pio VI mandò a Salomone re d’Iberia greco sismatico, che glielo aveva domandato. Non vi è poi città in Europa che abbia un numero sì grande d’orologi pubblici come Roma, ove se ne contavano al principio del nostro secolo quarantacinque, molteplicità che riesce di gran comodo pegli abitanti. I principali li descriviamo parlando de’ più importanti edifizi, e su quello delle Poste, Gregorio XVI ve ne fece collocare ad utilità notturna, senza attendere il suono delle ore, uno con sfera e numeri trasparenti, come a Parigi ed altrove. Quanto alla struttura degli edifizi per gli orologi pubblici, si può leggere il ch. Ratti, Dell’erezione de’ sacri templi p. 105, ove tratta del campanile, delle campane e dell’orologio.

LE IMMAGINI:
-. Orologio di Flora del Linneo.
-. La Sabbiera.
-. Quadrante di un Orologio dei primi del Cinquecento, dipinto da Innocenzo da Imola per i frati dell’ex convento di San Michele in Bosco di Bologna. L’immagine è stata riprodotta sulla copertina del libro di Giovanni Paltrinieri: Bologna, città del Tempo, 2008.
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Re: DIZIONARIO DI ERUDIZIONE-B

Messaggio da Giacomo » sab nov 06, 2021 12:38 am

Grazie Giovanni, molto molto interessante. Mi hai fatto viaggiare per un momento. Grazie ne avevo proprio bisogno

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