
- Seiko01.jpg (104.5 KiB) Visto 801 volte

- Seiko02.jpg (179.59 KiB) Visto 801 volte

- Seiko03.jpg (86.67 KiB) Visto 801 volte

- Seiko04.jpg (96.39 KiB) Visto 801 volte
Questo orologio, in negozio da molti anni, poiché era uno di quelli che mio padre teneva in disparte, per cercare di separarsene il più tardi possibile, è protagonista di un fatto curioso. Lo racconterò così come si è svolto, commentando il meno possibile, giusto per riportare i fatti: niente di speciale, ma uno dei tanti episodi di un piccolo negozio di provincia. Un giorno la ditta Seiko ha deciso di cambiare viaggiatore, in realtà c’è stato un giro di viaggiatori e dopo circa 6 anni è arrivato il personaggio coprotagonista di questa storia, assieme all’orologio in questione. Era solo la terza volta che veniva da noi e un bel giorno si soffermò alla vetrina dell’ingresso, dove mio padre aveva organizzato l’esposizione degli oggetti retrò, parte vintage, parte fondo di magazzino mai venduti; vetrina della quale siamo gelosi e che mi ha portato a diverse discussioni con chi avrebbe voluto un orologio che non volevamo vendere o che voleva comprare al suo prezzo e non a quello esposto, nonostante ci sia un cartello che indica che è una collezione privata e non tutto è in vendita. Mi chiede cortesemente di farglielo vedere e io lo accontento di buon grado. Lo maneggia un po’ sul banco, poi si rivolge a mia mamma e le spiega che stavano organizzando un museo degli orologi Seiko e quindi gli avrebbe fatto piacere averlo. Mia mamma si inorgoglisce e gli risponde che effettivamente lo potrebbe vendere, per il prezzo che era indicato in cartellino (in lire) e che era quanto voleva mio padre per liberarsene. Lui fa segno di diniego e con un bel sorriso ci risponde che lo avrebbe preso per quello che era il prezzo di listino quando lo abbiamo acquistato; allora sfodero un bel sorriso io e gli dico con voce decisa che per quel prezzo me lo tenevo io come ricordo di mio padre e il museo ci avrebbe messo una foto in bacheca! Finisce lì. Lui torna e ne riparliamo esclusivamente la volta successiva e poi mai più. Dopo le cose cambiano, cambia la ditta e lui ritorna per una sottomarca di una gioielleria che non veniva più da noi dal 1994. Lavoriamo con la gioielleria da lui rappresentata per alcuni anni, poi avrà un bruttissimo incidente stradale, nel quale doveva morire. Passano gli anni e ritorna a trovarmi: ormai cammina dolorante e a stento per via delle gambe, ma mi dice che, prima di rientrare nella sua zona di origine in Campania, veniva a salutarci perché per lui il fatto che gli avessi telefonato quando era in ospedale, aveva significato molto. Mi ritorna in mente l’orologio e gli chiedo che fine ha fatto il museo e lui mi confessa candidamente che era stata una scusa: un cliente di Milano lo aveva venduto, ma era caduto all’acquirente dopo pochissimo e non si trovavano più i ricambi perché erano esauriti da fine anni ‘80, in particolare il leveraggio cronometrico e questo grosso negoziante non sapeva come accontentare il cliente senza rimetterci. Ci salutiamo e non l’ho mai più sentito.